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​KARAMA

Gaza, Dignità Sotto Assedio 

di Adriana Zega









​Azeiza​ e Nasser

​Qarara, Khan Younis

Quello che rimane della loro casa è su una collina. Da lì le rovine si affacciano sulla buffer zone. Durante la guerra Nasser e Azeiza hanno potuto vedere quando l’incursione via terra è iniziata e hanno deciso di scappare. Il confine appare a 800 metri di distanza, oltre la gialla distesa di campi ormai incolti a cui è negato l’accesso. Più in là il verde dei pini segna l’inizio del territorio israeliano.
La loro casa di due piani è stata quasi completamente distrutta. Ci vivevano 11 persone. 
Appena entriamo nell’ingresso senza pareti ci dicono di stare attenti e di non fare foto nella direzione del confine.  Il nostro sguardo si volta verso un grande pallone bianco sospeso nel cielo. Trasporta telecamere, l’esercito israeliano lo usa per ispezionare il territorio. Azeiza ridendo dice: “Pensate, possono vedere anche se stiamo bevendo il tè o il caffè!”.



Intervista:





“Siamo contadini. Intorno alla nostra casa abbiamo quattro dunum di terra che possiamo ancora coltivare, ma abbiamo perso altri quattro dunum che sono vicini al confine dove dal 2000, dalla Seconda Intifada, non possiamo più andare. Tutta la nostra famiglia viveva qui vicino. C’erano più di 70 famiglie in questa zona. Sono dovuti andare via tutti e nessuno può ritornare. Anche se hanno la terra, è proibito coltivarla. Sparano contro chiunque provi ad avvicinarsi ai campi vicino al confine”.



“Se le pietre di questa casa potessero parlare, racconterebbero di quante incursioni militari abbiamo subito, anche prima della guerra. Per tre volte i soldati hanno invaso la nostra casa e rinchiuso tutti noi dentro una stanza per ore. Una volta un soldato ha gridato in modo aggressivo contro mia moglie: “STAI ZITTA O TI PICCHIO!”. L’ultima incursione prima della Guerra è avvenuta nell’Agosto del 2008. Sono arrivati alle 10 di sera e ci hanno rinchiuso dentro fino al mattino dopo. Hanno distrutto con il bulldozer i nostri 50 ulivi, gli alberi di guava e le viti”.



“Non ci aspettavamo che scoppiasse una guerra. La guerra è iniziata di sabato e il sabato successivo abbiamo lasciato la nostra casa. E’ un giorno che non possiamo dimenticare. I soldati israeliani hanno distrutto molte case e si sono fermati solo nel cuore della notte, quando si sono ritirati dentro i loro carri armati. Quella notte almeno otto persone sono state uccise. Abbiamo visto avanzare un grosso numero di bulldozer e carri armati. Non saprei dire quanti. Erano tanti, più di una cinquantina. Distinguevamo da lontano i soldati che andavano in giro. Hanno invaso da nord e da sud e circondato la nostra area da un chilometro di distanza. Poi i soldati sono saliti sui tetti delle case. Quel giorno abbiamo visto l’esercito demolire una casa. Allora abbiamo deciso di scappare”.



“Abbiamo vissuto qui dal 1975. Tutti i nostri ricordi e la nostra vita sono in questa casa. Da più di tre anni ormai viviamo in una casa in affitto, ma ogni giorno torniamo per lavorare la terra e curare gli animali. Hanno distrutto la nostra casa, ma non la nostra capacità di vivere. Non è facile per noi andarcene di qui. Noi vogliamo ricostruire la nostra casa, proprio qui. Sfideremo gli israeliani e la ricostruiremo, che loro siano d’accordo o meno”.



“Qui nella nostra terra vivevamo bene. Siamo contadini e beduini. Ci manca la nostra vita qui, ci manca la nostra libertà. Siamo molto tristi perchè ce l’hanno rubata. Gli uccelli hanno bisogno della libertà. Noi siamo come uccelli e vogliamo essere liberi. Rivendicheremo sempre la nostra libertà. Come dovrei sentirmi? Immagina, se uccidessero tuo fratello, se uccidessero tuo padre, i tuoi figli, se prendessero la tua terra e distruggessero la tua casa. Immagina come posso sentirmi”.



“Come madre, ho paura per i nostri figli. Voglio che vivano in un ambiente sicuro. Potrebbero scomparire in qualsiasi momento. Gli israeliani possono colpire ovunque, in mare, in mezzo alla città. Solo tre settimane fa un uomo in un tuktuk è stato ucciso di fronte alla sua casa. Sono preoccupata tutto il tempo. Quando vado a letto immagino che un giorno ricostruiremo la nostra casa e i nostri figli torneranno a vivere insieme. Sappiamo che sarà pericoloso, che ci troveremo nella stessa difficile situazione. Mi chiedo, quando avremo ricostruito la nostra casa, ci invaderanno ancora? la distruggeranno di nuovo?
Io spero che i miei figli, che tutte le madri, che tutti i palestinesi possano finalmente vivere in pace”.

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